sabato, dicembre 08, 2007

martedì, ottobre 02, 2007

Lezioni di tango


[Sally Potter e Pablo Veron in Lezioni di Tango, 1997 (di Sally Potter)]

lunedì, settembre 24, 2007

L'impresa di Ausonia



Impresa monumentale (128 pagine) e perfettamente riuscita.
P-hpc - Post Human Processing Center (Leopoldo Bloom Editore) è un fumetto di denuncia, un'altra "ferita nella società contemporanea" (cito smoky) e nella carne, un po' come il brian the brain più sotto ma inferta in maniera meno violenta. Ciò non significa che faccia meno male, anzi, ferisce in modo stridente e sottile fino a creare un solco profondo.
Foto-fumetto sperimentale, splendidamente scritto, mirabilmente montato e sceneggiato, che utilizza l'immagine in svariate forme (disegno a mano, fotografie, computer grafica). Parla di adolescenza, di ricerca disperata di un senso (che non c'è), di annientamento, di alienazione, di desiderio di appartenenza. Incapacità di vedere un futuro, assenza totale di speranza.
Un libro brochurato e quadrato, bianco e di un verde raggelante, freddo come i neon accecanti del Centro che recluta cavie volontarie per farle diventare macchine perfette ed efficacemente produttive.
Si assiste al progressivo sacrificio delle due vittime, alla loro "cosificazione", al progressivo annientamento di tutto ciò che è umano, partendo dal corpo, arto per arto, fino ad arrivare alla dissoluzione totale del Sè, dei ricordi, dell'anima.

Raramente si trovano letture che angosciano e turbano in questo modo....
Mentre lo leggevo provavo una rabbia sottile, quasi nausea. Credo per le atmosfere asettiche, disinfettate, e per l'assurdità della situazione raccontata. Nello stesso tempo però percepivo, inconsciamente, uno strano senso di irreversibilità degli eventi, la sua inevitabilità, e la conseguente inutilità (totale) di qualsiasi eventuale reazione.

Consigliatissimo.

[Il blog di Ausonia]

martedì, settembre 18, 2007

Il cervello di Brian



The complete Brian the brain
(del geniale Miguel Angel Martìn, Coniglio Editore), opera omnia che comprende la raccolta completa degli episodi di Brian the brain (pubblicati in Italia dalla Topolin Edizioni), è un discreto pugnetto nello stomaco (e nel cervello). Quando lo leggi sembra anche a te di avere la calotta cranica scoperchiata, per quanto fastidio e dolore senti, per quanto ti senti indifeso e in balìa di qualcosa di molto più grande di te, e per quanta indignazione ti si insinua nel sangue. Un mondo cinico e "sbagliato", esagerato ma più vicino di quanto si creda, risultato di egoistici e aberranti errori umani, dinamiche economiche, e coabitato da vittime e carnefici. Ci si sente in trappola, cavie da laboratorio, si è incapaci di vedere vie di uscite e l'ombra di qualsiasi lieto fine.

mercoledì, settembre 12, 2007

Le cose nascoste



Mia recensione su Le cose nascoste di Paolo Parisi, pubblicata su Drome n.10, Il Sonno.

Da sottolineare l'uso che Parisi fa dei balloons, e dei suoi contenuti. Parole e discorsi che si sovrappongono ad altri, rendendoli illeggibili e metaforicamente inascoltabili. In questo modo riesce a "disegnare" le parole, ma parole intese come rumore, il sentire senza ascoltare.
Conoscetelo, leggetelo, acquistatelo :)

[grazie "pubblico" a sm :)]


mercoledì, settembre 05, 2007

Cinema Panopticum



Mia recensione di Cinema Panopticum del geniale Thomas Ott :)
Da Drome Magazine n.6, Il Cibo

mercoledì, agosto 29, 2007

Solinga, volendo


Solinga, volendo, di Marina Comandini, Il Grifo Edizioni

Poi c'è la "biografia sentimentale" dal LENTO INCEDERE di Marina Comandini, che fu compagna del mitico e grande Andrea Pazienza, nonché tutt'ora illustratrice altrettanto mirabile.
Una sorta di diario di viaggio dell'anima e del corpo, colmo di bellissime illustrazioni, storie a fumetti, massime, storie d'amore, sogni e molto altro.
Di lei Pazienza diceva che usava i colori in maniera fiabesca. Ed è una fiaba questo libro in effetti, senza un vero inizio, senza una fine, una magia fatta di poesia e colori da assaporare lentamente.

La ragazza senza piedi


Kaisa Leka è una ragazza che per un'artrite dolorosissima alle caviglie ha preferito rimanere senza piedi. In modo diretto e spesso ironico, e con un disegno semplice semplice che a tratti ricorda un po' le strip di Groening, coi suoi animaletti antropomorfi (soprattutto Topolini disneyani) ci racconta di come ha fatto ad imparare a camminare una seconda volta.


La ragazza senza piedi, di Kaisa Leka, Coniglio Editore



Il suo sito personale è qui.
E qui il suo blog.
Solo che sono in finlandese ;-)

domenica, giugno 17, 2007

Film della notte: L'angelo sterminatore



1962, regia di Luis Buñuel

Un gruppo di borghesi si ritrova riunito in una lussuosa villa per una cena. La serata sembra andare ottimamente, tra chiacchiere in stile e bon ton. Finché, all’ora in cui sarebbe opportuno e di buon gusto ritirarsi nelle proprie dimore, nessuno riesce a varcare la soglia del salotto per andarsene. Non ci sono porte chiuse, non ci sono barriere visibili. Solo una improvvisa e inquietante incapacità di andare al di là del salotto e quindi di uscire dalla casa. Un incantesimo, una forza soprannaturale o interiore inspiegabile, chiamatela come vi pare (tanto Bunuel da surrealista che si rispetti mica lo spiega, e nemmeno gli interessa spiegarlo) si è impossessata di tutti e impedisce spiegazioni razionali e il movimento al di là di un limite. Così che, causa la convivenza inevitabile e forzata in una stanza, la mancanza di cibo e di privacy, questi borghesi arrivano a svestirsi della loro educazione e dei loro modi di fare acquisiti durante la vita, fino a far emergere la loro istintualità primaria (fatta di perdita di controllo, dominio dell’inconscio e aggressività), che si tenta però, sempre e in modo forzato, di occultare. Ne sono un esempio i tre armadi del salotto, che contengono rispettivamente vasi cinesi per espletare i propri bisogni corporali, due amanti che consumano il loro amore e poi si suicidano, e un morto.
Un film che parla della condizione esistenziale dell’uomo, che ci parla della sua prigionia e della sua impotenza ad uscire dal contesto in cui è nato e cresciuto. Una denuncia della vita umana come recita, una infinita ripetizione di gesti, di vincoli e di situazioni che ci imprigionano e che finiamo per accettare, inevitabilmente.
Presenti anche evidenti riferimenti biblici apocalittici e simbolici (lo stesso titolo deriva dall’Apocalisse, la presenza dell’orso ossia la Bestia, e l’arrivo degli agnelli “sacrificali”, l'Immacolata), che però vengono, sempre e in modo quasi dissacrante, ribaltati.
Questo è solo un accenno di quello che c'è in questo film.
Visione necessaria e indispensabile.
Veramente geniale.
:)

sabato, giugno 09, 2007

Il sig. N, professione scrittore

Personaggio un po’ inquietante e amante delle donne, è uno scrittore che va verso l’ottantina d’anni. Capelli lunghi, alto, portamento lento e spesso quasi a scatti. D’inverno indossa un montone chiaro, oppure il cappotto. Cammina spesso, tanto; ultimamente mi capita di vederlo accompagnato a braccetto da una signora più giovane di lui.
Mi fermò in un angolo di Piazza Minghetti e mi sussurrò qualcosa piano piano. Chiesi: “come scusi?”, e così capii che si prodigava in complimenti riguardo ai miei occhi. Da quel giorno ci ho parlato spesso, nonostante la paura che un po’ mi prende quando mi osserva.
Mi ha raccontato varie cose, su di lui e sulla vecchia Bologna. La cosa incredibile è stata scoprire che negli anni 30 abitò la stessa casa che abito io attualmente.
Circostanze e coincidenze strane.
Incontri alchimistico-misterici

lunedì, maggio 28, 2007

The most beautiful part of a woman's body



[Duane Michals, The most beautiful part of a woman's body, 1986]

domenica, maggio 27, 2007

The most beautiful part of a man's body


[Duane Michals, The most beautiful part of a man's body, 1986]

sabato, maggio 26, 2007

Ode al vino (all'osteria della Marieina)





Per chi approdasse a Bologna c'è una magnifica Osteria in cui occorrerebbe assolutamente fermarsi. Per bere vino e parlare con luci soffuse, tra il colore del legno, i colori di quadri bizzarri e burattini, e il riflesso di centinaia di bottiglie di vino impolverate. Situata in Via S. Felice 137, l' Osteria della MARIEINA (ossia della Marina) è gestita da un simpatico vecchietto dal naso aquilino di nome Mario Mengoli, il quale appena entri si alza e chiede: bianco o rosso?
Lui lavora lì dal 1941, e l'osteria è rimasta inalterata, così com'era quando aprì nei primi anni del 1900.
Meta irrinunciabile per chi volesse capire che cosa era la bolognesità, e anche per noi bolognesi "moderni" che questa vera bolognesità l'abbiamo appena annusata da lontano.
Apre circa alle ore 22. E "la sta sré al mercuel" (sta chiusa il mercoledì).
:)
Vai qui per affacciarti nelle 3 osterie storiche di Bologna (Vito, Osteria del Sole e appunto la Marieina)

n.b. i pessimi scatti qui sopra sono stati fatti dalla sottoscritta ieri sera in fase di ubriacatura.

mercoledì, maggio 16, 2007

Edward Gorey e l'ospite sgradito

Non lo conoscevo. La mia ignoranza non ha limiti.
Me lo ha mostrato una mia cara amica di qualche annetto in più. Lo teneva in mostra su un piccolo leggìo, su un piano della libreria. Era un vecchio libro di Edward Gorey dal titolo Trilogia, Milano Libri Edizioni, al cui interno ho potuto leggere L'ospite equivoco (tradotto nelle seguenti edizioni con "sgradito").
Storia pressoché senza senso ma geniale, di questo animaletto strano (sembra un formichiere triste e apatico) con sciarpa e scarpette sportive (che anticipano le All Star) che un giorno si intrufola nella vita di una famiglia in contesto vittoriano e non se ne va più.


Disegno certosino, graffiato e particolareggiato. E creature bellissime, malinconiche e anche un po' inquietanti, da cui Tim Burton ha sicuramente attinto e subìto influenze.
Segnalo anche la triste storia I piccoli di Gashlycrum, rassegna di bambini morti per varie disgrazie :-(

giovedì, aprile 12, 2007

La vecchina dei fiori

E'una vecchietta che gira per il centro vestita di abiti colorati da lei confezionati. Vende fiori del colore del vestito.
Cammina anche di notte, è un personaggio fiabesco circondato da un alone magico che mi piace pensare proteggerla dal mondo e dai malintenzionati.
Una sera io e un mio amico l'abbiamo fermata per conoscerla. Era vestita di rosa, vendeva cestini di rose rosa, l'abbiamo invitata a un tavolo con tovaglia rosa e le abbiamo offerto un frappè all'amarena (rosa). Serata curiosa e felice (e totalmente in rosa).
Ho conosciuto un mio mito, a cui avevo dedicato anni e anni fa delle tavole per la prima edizione del Concorso Baraccano.
"Grazie alla vecchina dei fiori che con il suo lento e garbato incedere anima le notti della mia Bologna".
Il suo nome è... l'anagramma di "rosa" esclusa una lettera che va variata al femminile.

[n.b. non assomiglia per niente a come la ritrassi :(]

mercoledì, aprile 04, 2007

La vecchina del tribunale

Se ne stava davanti al tribunale tutto il giorno, precisamente al centro della rotonda, sull'aiuola. Si portava un leggìo su cui posava un libro aperto, e in piedi, con lo sguardo rivolto all'edificio, cominciava a parlare gesticolando con le braccia in modo molto animato. Non ho mai capito cosa dicesse, ma la mia interpretazione era che facesse una vera e propria arringa. Verso chi non lo so.
Forse era stata vittima di una sentenza ingiusta e lei continuava a difendersi, o forse era una ex avvocatessa che continuava a "fare il suo lavoro"... Il bello di questi personaggi è il poter inventare la loro storia.
E spesso GUAI a conoscere la vera.

Da anni non c'è più.

domenica, marzo 25, 2007

Film della notte: Ultimo tango a Parigi


A parte l'ambito "tango" enormemente ridicolizzato (ma perché??? SOB!) l'ho trovato un bel film. Certo fa effetto sapere dello scalpore che fece allora, ma gli anni 70 erano appunto gli anni 70, diversi. La pellicola fu condannata al rogo, e Bertolucci condannato per offesa al comune senso del pudore e privato dei diritti civili e politici per 5 anni. Il tipo di relazione che si instaura tra i due protagonisti, occasionale e soprattutto ANONIMA, oggi è diventata non dico abituale ma quasi (togliendo l'anonimato, magari). All'epoca non era così. Un mio amico di generazione anni 60 mi ha illuminato in questo senso: che allora tale occasionalità e tale anonimato erano il correlato tragico di qualcosa d'altro, in questo caso del LUTTO di Paul (un Marlon affascinantissimo e straordinario), un lutto sofferto e tragico. Anonimato è un annullamento completo, l'eliminazione di ogni senso. Un rapporto anonimo è per forza idealizzato e simbolico, tanto che andrà in pezzi quando cercherà di "uscire fuori" da quell'appartamento parigino.

venerdì, marzo 02, 2007

Dino Battaglia


Amo tanto il disegno di Dino Battaglia.
Ho ritrovato una mia vecchia recensione sul suo Gargantua e Pantagruel, pubblicata su Dibbuk di Andrea Grilli (che diventa in seguito Pulpcomics) che, aimeh, non esiste più. La posto qui così se qualcuno capita qui avrà un imput a cercarne una copia e a farsi questo viaggio luculiano :)

“I suoi fumetti hanno il respiro circolare delle fiabe e la magia degli incantesimi. Aveva la giusta lontananza nel guardare le storie vicine e la giusta vicinanza nel riportare le storie lontane”.
Così Vincenzo Mollica parla di Dino Battaglia, autore e fumettista veneziano morto a Milano nel 1983. Definito da Hugo Pratt “ultimo grande penninista”, è sempre stato considerato più come un sofisticato e abile illustratore piuttosto che come un fumettista, forse per il fatto che per i suoi fumetti ha sempre preferito misurarsi con dei grandi della letteratura (Maupassant, Melville, Rabelais, Hoffman, Lovecraft, Poe, Stevenson…) piuttosto che creare e illustrare storie proprie. Ma Battaglia non è mai caduto nell’appiattimento illustrativo fine a se stesso, anzi, pur riprendendo e rivisitando storie già scritte e note, egli lo fa con una innovativa capacità di rilettura, capacità che lo porta a non tradurre semplicemente qualche immagine del romanzo in fumetto ma a darne interpretazioni quasi del tutto genuine e autonome.
Uno di questi romanzi “rivisitati” da Battaglia è Gargantua e Pantagruel, romanzo celebre del già sopra citato francese Rabelais (1494-1553), che narra la storia e le avventure picaresche e divertenti dei due giganti “regali”, rispettivamente padre e figlio, amanti del vino e del cibo, della giustizia, allegri e ridanciani. Essendo ovviamente impossibile e soprattutto senza senso illustrare l’intero romanzo, Battaglia esegue un’accurata scelta delle scene da rappresentare, le quali risultano particolarmente eloquenti, significative, narrative e divertenti, tanto da riuscire comunque a mantenere l’elemento fiabesco e grottesco presente in Rabelais. I due personaggi ci vengono fatti conoscere separatamente. Nella prima parte incontriamo Gargantua, dal momento in cui nasce fino ad arrivare alla sua maturità di uomo. Figlio del re Grangola e della regina Gargamella, regnanti su un’ipotetica Utopia francese, Gargantua nasce, cresce con cibo e vino, studia alla Sorbona di Parigi, e combatte vittorioso contro le minacce che incombono sul regno di suo padre. Nella seconda parte ci aspetta invece un Gargantua ormai re che diventa padre di Pantagruel, così chiamato per via di un altro Pantagruel demonietto marino che in quel tempo si aggirava di notte divertendosi a gettare sale in bocca alla gente addormentata. In tutto e per tutto simile al padre, oltre che per stazza anche per gusti mangerecci e vinerecci e soprattutto per la grande bontà d’animo, lo vediamo bambino, studiare come il padre alla Sorbona, partire ed incontrare amici con cui solcherà i mari per andare a far visita a maghi e sapienti del regno affinché diano all’amico Panurge un importante responso.
Nel corso della storia si incontrano molte comparse e personaggi. Inevitabile è dire come Battaglia riesca a delinearli tutti nei loro caratteri (spesso macchiettistici), oltre che nel loro aspetto delineato sempre minuziosamente (spesso caricaturale), così da dare alla storia carattere di “favola ridanciana, una specie di affollatissima opera buffa”, come dice Ranieri Carano nella Prefazione. Bisogna del resto dire che a Battaglia stesso, come a Rabelais, appartiene di natura una propensione al fiabesco, all’ironia e a un registro grottesco. Lo dimostra anche il suo disegno, come già detto spesso caricaturale, in cui “le sagome si allungano e si accorciano, si dilatano o si miniaturizzano in accordo coi moduli grotteschi dell’originale”. I colori utilizzati, inoltre (colorista ufficiale delle sue tavole era la moglie, Laura Battaglia), acquerelli leggeri di tinta tenue pastello, contribuiscono a rendere il tutto ancora più zuccherino e fiabesco.
Anche in questa opera, come in tutte le altre, Battaglia dimostra essere grande illustratore. Dalle sue tavole trasudano eleganza, ricercatezza, attenzione al particolare e poi fatica, non solo intellettuale ma anche e soprattutto fisica. Un sofisticato uso del grigio, spesso spugnettato o graffiato, che gradualmente porta il bianco a diventare nero e quindi creatore di sfumature e velature, l’inchiostratura dentellata e rotta di pennino, suggeriscono per esempio la quantità di tempo e l’energia necessaria a Battaglia per portare a compimento le sue creazioni su carta.
Un innovativo uso del montaggio inoltre, vede spesso l’eliminazione della gabbia che nel fumetto solitamente racchiude e delimita le immagini, così da comportare uno strabordamento o comunque una loro mancata delimitazione, e suggerire così un continuum ritmico, la sensazione del movimento e del tempo che scorre.
Uscita a puntate su Il Giornalino nel 1976, quest’opera viene poi ripubblicata in un unico volume, la prima volta per le Edizioni EP Gruppo Periodici (collana Sempreverdi) nel Marzo del 1980, poi per le Edizioni L’Isola Trovata (collana I Romanzi) nell’Aprile del 1985. Infine un’ulteriore ripubblicazione per le edizioni Milano Libri nel Dicembre del 1993.

martedì, febbraio 06, 2007

D'ora in poi un film al giorno


Ieri notte è toccato a L'impero dei sensi di Oshima ("E' un classico! Lo devi vedere!").
L'amore-posSESSO portato all'estremo. Crudo, diretto, si vede tutto però non è pornografico ma nemmeno sensuale (forse anche per via delle voci scelte per il doppiaggio, abbastanza piatte).
Una nottata abbastanza insonne.
E meno male che non se l'è mangiato!!
:D