domenica, marzo 25, 2007

Film della notte: Ultimo tango a Parigi


A parte l'ambito "tango" enormemente ridicolizzato (ma perché??? SOB!) l'ho trovato un bel film. Certo fa effetto sapere dello scalpore che fece allora, ma gli anni 70 erano appunto gli anni 70, diversi. La pellicola fu condannata al rogo, e Bertolucci condannato per offesa al comune senso del pudore e privato dei diritti civili e politici per 5 anni. Il tipo di relazione che si instaura tra i due protagonisti, occasionale e soprattutto ANONIMA, oggi è diventata non dico abituale ma quasi (togliendo l'anonimato, magari). All'epoca non era così. Un mio amico di generazione anni 60 mi ha illuminato in questo senso: che allora tale occasionalità e tale anonimato erano il correlato tragico di qualcosa d'altro, in questo caso del LUTTO di Paul (un Marlon affascinantissimo e straordinario), un lutto sofferto e tragico. Anonimato è un annullamento completo, l'eliminazione di ogni senso. Un rapporto anonimo è per forza idealizzato e simbolico, tanto che andrà in pezzi quando cercherà di "uscire fuori" da quell'appartamento parigino.

venerdì, marzo 02, 2007

Dino Battaglia


Amo tanto il disegno di Dino Battaglia.
Ho ritrovato una mia vecchia recensione sul suo Gargantua e Pantagruel, pubblicata su Dibbuk di Andrea Grilli (che diventa in seguito Pulpcomics) che, aimeh, non esiste più. La posto qui così se qualcuno capita qui avrà un imput a cercarne una copia e a farsi questo viaggio luculiano :)

“I suoi fumetti hanno il respiro circolare delle fiabe e la magia degli incantesimi. Aveva la giusta lontananza nel guardare le storie vicine e la giusta vicinanza nel riportare le storie lontane”.
Così Vincenzo Mollica parla di Dino Battaglia, autore e fumettista veneziano morto a Milano nel 1983. Definito da Hugo Pratt “ultimo grande penninista”, è sempre stato considerato più come un sofisticato e abile illustratore piuttosto che come un fumettista, forse per il fatto che per i suoi fumetti ha sempre preferito misurarsi con dei grandi della letteratura (Maupassant, Melville, Rabelais, Hoffman, Lovecraft, Poe, Stevenson…) piuttosto che creare e illustrare storie proprie. Ma Battaglia non è mai caduto nell’appiattimento illustrativo fine a se stesso, anzi, pur riprendendo e rivisitando storie già scritte e note, egli lo fa con una innovativa capacità di rilettura, capacità che lo porta a non tradurre semplicemente qualche immagine del romanzo in fumetto ma a darne interpretazioni quasi del tutto genuine e autonome.
Uno di questi romanzi “rivisitati” da Battaglia è Gargantua e Pantagruel, romanzo celebre del già sopra citato francese Rabelais (1494-1553), che narra la storia e le avventure picaresche e divertenti dei due giganti “regali”, rispettivamente padre e figlio, amanti del vino e del cibo, della giustizia, allegri e ridanciani. Essendo ovviamente impossibile e soprattutto senza senso illustrare l’intero romanzo, Battaglia esegue un’accurata scelta delle scene da rappresentare, le quali risultano particolarmente eloquenti, significative, narrative e divertenti, tanto da riuscire comunque a mantenere l’elemento fiabesco e grottesco presente in Rabelais. I due personaggi ci vengono fatti conoscere separatamente. Nella prima parte incontriamo Gargantua, dal momento in cui nasce fino ad arrivare alla sua maturità di uomo. Figlio del re Grangola e della regina Gargamella, regnanti su un’ipotetica Utopia francese, Gargantua nasce, cresce con cibo e vino, studia alla Sorbona di Parigi, e combatte vittorioso contro le minacce che incombono sul regno di suo padre. Nella seconda parte ci aspetta invece un Gargantua ormai re che diventa padre di Pantagruel, così chiamato per via di un altro Pantagruel demonietto marino che in quel tempo si aggirava di notte divertendosi a gettare sale in bocca alla gente addormentata. In tutto e per tutto simile al padre, oltre che per stazza anche per gusti mangerecci e vinerecci e soprattutto per la grande bontà d’animo, lo vediamo bambino, studiare come il padre alla Sorbona, partire ed incontrare amici con cui solcherà i mari per andare a far visita a maghi e sapienti del regno affinché diano all’amico Panurge un importante responso.
Nel corso della storia si incontrano molte comparse e personaggi. Inevitabile è dire come Battaglia riesca a delinearli tutti nei loro caratteri (spesso macchiettistici), oltre che nel loro aspetto delineato sempre minuziosamente (spesso caricaturale), così da dare alla storia carattere di “favola ridanciana, una specie di affollatissima opera buffa”, come dice Ranieri Carano nella Prefazione. Bisogna del resto dire che a Battaglia stesso, come a Rabelais, appartiene di natura una propensione al fiabesco, all’ironia e a un registro grottesco. Lo dimostra anche il suo disegno, come già detto spesso caricaturale, in cui “le sagome si allungano e si accorciano, si dilatano o si miniaturizzano in accordo coi moduli grotteschi dell’originale”. I colori utilizzati, inoltre (colorista ufficiale delle sue tavole era la moglie, Laura Battaglia), acquerelli leggeri di tinta tenue pastello, contribuiscono a rendere il tutto ancora più zuccherino e fiabesco.
Anche in questa opera, come in tutte le altre, Battaglia dimostra essere grande illustratore. Dalle sue tavole trasudano eleganza, ricercatezza, attenzione al particolare e poi fatica, non solo intellettuale ma anche e soprattutto fisica. Un sofisticato uso del grigio, spesso spugnettato o graffiato, che gradualmente porta il bianco a diventare nero e quindi creatore di sfumature e velature, l’inchiostratura dentellata e rotta di pennino, suggeriscono per esempio la quantità di tempo e l’energia necessaria a Battaglia per portare a compimento le sue creazioni su carta.
Un innovativo uso del montaggio inoltre, vede spesso l’eliminazione della gabbia che nel fumetto solitamente racchiude e delimita le immagini, così da comportare uno strabordamento o comunque una loro mancata delimitazione, e suggerire così un continuum ritmico, la sensazione del movimento e del tempo che scorre.
Uscita a puntate su Il Giornalino nel 1976, quest’opera viene poi ripubblicata in un unico volume, la prima volta per le Edizioni EP Gruppo Periodici (collana Sempreverdi) nel Marzo del 1980, poi per le Edizioni L’Isola Trovata (collana I Romanzi) nell’Aprile del 1985. Infine un’ulteriore ripubblicazione per le edizioni Milano Libri nel Dicembre del 1993.